Citazione

I tedeschi e gli americani

I Ricordi di zia Maria
capitolo 22

Torno a parlare della mia vita da giovine ricordandomi cose del passato lontano. C’era la guerra, io con la mia famiglia stavamo ad abitare su questa specie di piccolo castello, stavamo un poco più sicuri, era un poco lontano dal centro abitato. Della guerra si sapeva poco, notizie non ce n’erano, per noi senza giornali e senza radio.

Durante la guerra un giorno vennero molti aerei, tirarono le bombe nel paese di mia madre, Alife. Davanti alla casa che abitavamo si vedevano le bombe cadere e dopo il fumo che si alzava. Mia madre si metteva le mani in testa, diceva: «Alife mio! Alife mio!», piangeva. Io guardavo impietrita.

Un altro giorno sembre durante la guerra a Piedimonte i tedeschi, dopo che fecero saltare tutti i ponti e un cotonificio abbastanza grante che c’era, si ritirarono, stavano arrivando gli americani. Non mi ricordo chi, disse a mio padre: «Da questa casa ve ne dovete andare perché è molto in vista,» —veramente è così perché da lontano si vede quasi da tutte le parti stando allo alto— «ci possono sparare cannonate ora che arrivano gli americani.» Allora mio patre ci radunò a tutti, era buio, e camminando per la montagna ci portò un poco più sopra, ci stava una piccola casetta in mezzo a un altro uliveto. Ricordo gli americani stavano arrivando e diverse cannonate cadevano poco lontano da dove noi camminavamo. Credendo mio padre di levarci dai pericoli, ce ne fece correre di più, fummo fortunati che nessuna di quelle cannonate ci presero! Arrivammo nella casetta tutti sedudi per terra, senza nessuna luce passammo tutta la notte. Quando si fece giorno non si sentiva più niente, gli americani stavano arrivando, i teteschi se n’erano andati, tornammo a casa: nessuna cannonata l’aveva toccata.

Il giorno dopo scendemmo in paese a far festa ai nostri liberatori, ci davano le cioccolate e scatolette di carne. Nelle cambagne c’erano cambi di soldati con tente, quelli che passavano ci davano qualcosa, pure le saponette. Mia sorella più piccola di me ci passava spesso perché andava a visitare gli zii che abbitavano un poco lontano da dove abbitavamo noi, passando per quelle strade dove stavano accambati i soldati sembre le davano qualcosa. Lei era più coraggiosa di me, pure perché le piaceva uscire, mentre io ero più timida mi vergognavo di passare dove stavano i soldati. Lei mi diceva: «Tu non vieni, io quello che mi danno non te lo do.» Io le rispondevo: «Non mi imborta, resto a casa, ho vergogna.»

Sono stati malvagi nel nord Italia ma nel mio ricordo no. La guerra stava finendo, a Piedimonte c’erano restati pochi teteschi se ne stavano ritirando, prima però fecero saltare tutti i ponti, piccoli e granti. Poco lontano da dove vivevamo c’era un ponte, lo stavano minando per farlo saltare. Uno di loro venne ad avvisare a mio padre, ci disse che ce ne dovevamo andare più al sicuro per quel momento, che era pericoloso per lo spostamento d’aria. Così mio patre radunò a tutti, ci portò sotto un piccolo ponticciolo che stava vicino casa, ci passava la strada sopra, sentimmo lo scoppio e come un friscio d’aria che passò davanti al ponticciolo. Dopo che saltò il ponte ce ne tornammo a casa, trovammo tutte le porte e le finestre aperte con lo spostamento d’aria che ci fu, fu pericoloso veramente.

Intanto la guerra durò diverso tembo, tanti soldati restarono accambati dalle mie parte fino a Cassino per diversi mesi, perché a Cassino dovevano passare per un punto strategico e pochi teteschi furono capaci di tenere a bada tanti americani e inglesi per diversi mesi, così l’Italia stava mezza libera e mezza no. Per liberare tutta l’Italia dovettero morire tanti soldati dalle parti di Cassino, credo che c’è ancora un cambosanto solo di soldati, tembo fa lo andai a visitare.

La querra finì, io ci avevo quidici anni, la vita continuò con i disagi che prosequirono, si faceva la vita di sembre, solo che uno dei miei fratelli partì per fare il soldato poco tembo prima che scoppiò la grande guerra, fu fatto prigioniero dei teteschi e siamo stati più di tre anni senza sue notizie. Dopo tutto questo tembo un giorno è tornato sano e salvo, ci raccontò che i teteschi lo portarono in Germania. Se la passò bene perché era stato pure là in cambagna, conoscendo una famiglia di contadini. Se la passò bene, noi lo portavamo per morto, lavorava nella cambagna e le davano da mangiare.

Dopo tanta tragedia la guerra finì, nel mio scritto ho parlato pure della grande guerra che passò tanti anni fa.

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