I Ricordi di zia Maria
capitolo 25
Ora parlo un poco delle feste di quando si fanno i matrimoni. Prima cosa, quasi tutte le coppie stanno fitanzati a tembo indeterminato perché si vedono sembre, stanno comodi. Così poi dopo anni di fitanzamento molte coppie si decidono a sposarsi, devono tenere tutto nella casa che vanno a vivere, le comodità che servono.
La festa poi, ingomingiando dai vestiti, alla pettinatura della sposa, al trucco, si aggiustano tanto, quasi sembrano diverse. E poi la chiesa si deve addobare, gli invitati tutti vestiti uno meglio dell’altro, dopo si va al ristorante, si fanno tantissime foto, ci vuole un patrimonio anche per le foto. Si mangia tanto, tante pietanze, si sta mangianto quattro, cingue ore, meno male che le portano quasi dopo un’ora una dall’altra, se no non si potesse mangiare tanto! Tutto questo al mio modo di vedere è lusso e spreco, intanto si fa, non imborta pure se qualcuno si sente male il giorno dopo per aver mangiato tanto e cose diverse dalle abbitudine delle loro case.
Mi piace raccontare quando sono sposata io, era nel lontano 1948 pochi anni dopo la grande guerra. La mattina mi sono alzata, ero tutta emozionata, era il grande giorno che andavo sposa. Mi sono lavata alla meglio, non esistevano né docce né vasche da bagno. Mi sono pettinata come lo facevo tutti i giorni, avevo i capelli lunghi mi sono fatte le trecce e me le sono girate attorno alla testa.
Ho aspettato le quattro del pomeriggio per mettermi il vestito bianco, semplice, col collettino rotondo, le maniche lunghe, scendeva diritto sopra le scarpe e un bel velo in testa. Mi sono seduta su una sedia, dovevo aspettare lo sposo che veniva a prendermi con i combari, in quei tembi si usava così.
Dovevo andare in chiesa, dalla mia casa era a tre o quattro chilometri. Ci voleva la macchina, si affittava e nel mio paese ce n’erano o si o no tre o quattro. Quel giorno c’erano pure tre o quattro spose, tutte le andava a prendere la stessa macchina. Una la portava, poi l’altra, poi l’altra, io sono stata la ultima. Intanto sono stata seduta più di un’ora, un altro poco chiudeva la chiesa! A quei tembi non c’erano le messe di pomeriggio, a una certa ora le chiese chiudevano.
Io sono sposata con un semblice sì, senza messa, senza tanta gente in chiesa. Forse i giovani che mi leggono non ci crederanno, era così è la verità.
Dopo il sì siamo andati alla casa dove abbitava mio marito, si è fatta una festicciola con pochi invitati, si è mangiato biscotti e dolcetti, tutto fatto in casa, e liguori che si servivano con bicchierini piccolissimi, ci entravano pochi sorsi. Si è ballato col grammofano con dischi, il grammofano a manovella, ci doveva stare uno vicino che la girava e cambiava i dischi. Ho spenzato i confetti in questo modo: mio marito reggeva un vassoio con i confetti e io con un cucchiaio un poco più grande del normale lo riembivo e li davo agli invitati nella mano, altro che bomboniere!
Io non dico che uno si dovesse sposare ora così, però una via di mezzo, prima era troppo misero ora è troppo esagerato.
Il viaggio di nozze non esisteva, dopo tutto si andava a dormire nella casa che si doveva abbitare. Alla mattina veniva la madre della sposa e doveva fare il letto lei.
Non ci si crede, a quei tembi era così, 1948.